La pubblicità secondo Zuckerberg: efficienza o distopia?
- Mario Antonaci
- ADV, Mark Zuckeberg, WMF2025
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Abstract Mark Zuckerberg ha recentemente delineato la sua visione per il futuro della pubblicità digitale: un sistema completamente automatizzato, gestito dall’intelligenza artificiale di Meta. In questo scenario, le aziende dovranno solo dichiarare i propri obiettivi e fornire i dati di pagamento, mentre sarà l’IA a occuparsi di tutto il resto. Una visione che punta all’efficienza assoluta ma che solleva interrogativi profondi sulla natura della creatività, sul ruolo delle agenzie e sull’autenticità del messaggio pubblicitario.
Meta e la promessa dell’automazione totale Nell’intervista concessa a Stratechery, Zuckerberg ha illustrato un sistema in cui l’intero ciclo pubblicitario è affidato all’IA: dalla creazione dei contenuti alla selezione del target, dall’ottimizzazione in tempo reale alla misurazione dei risultati. L’utente inserisce un obiettivo e un metodo di pagamento; il resto lo fa la macchina. Questo modello, definito “infinite creative”, potrebbe garantire a ogni azienda, piccola o grande, la possibilità di lanciare campagne performanti con costi minimi e in tempi record.

Le potenzialità: accessibilità, efficienza, scalabilità Meta mira a democratizzare la pubblicità: rendere accessibili strumenti avanzati anche a chi non dispone di risorse creative interne o agenzie partner. L’automazione ridurrebbe le barriere all’ingresso, aumentando l’efficienza e la capacità di scalare rapidamente le campagne. Per molte PMI, questa potrebbe sembrare una rivoluzione positiva.
Ma è davvero il futuro che vogliamo? Tre motivi per dubitare Nonostante l’apparente vantaggio competitivo, la visione di Zuckerberg appare a tratti distopica per almeno tre motivi:
- Limiti strutturali dell’IA generativa Anche con sviluppi tecnologici impressionanti, le IA generative restano vincolate a due aspetti critici:
- Il loro impatto ambientale: l’enorme consumo di energia richiesto dai modelli avanzati solleva dubbi sulla loro sostenibilità.
- La loro natura predittiva: l’IA apprende da dati passati e quindi fatica a generare autentiche discontinuità creative. L’innovazione vera nasce spesso da intuizioni umane, non da regressioni statistiche.
- La pubblicità è anche rottura, non solo ottimizzazione La storia della pubblicità è fatta di momenti di rottura: l’introduzione dello storytelling, l’uso di testimonial inattesi, l’esplosione dei meme. Tutti elementi che hanno cambiato il nostro modo di vedere e percepire un prodotto. Automatizzare la pubblicità significa rischiare l’omologazione, riducendo la forza di rottura che la rende culturalmente rilevante.
- Successo non è solo conversione Zuckerberg sembra valutare l’efficacia di una campagna sulla base dei tassi di conversione. Ma molte campagne iconiche hanno avuto impatti profondi a livello sociale e culturale ben oltre i numeri. Spesso, ciò che rende memorabile un messaggio è la sua capacità di rompere le regole, non di adattarvisi.
Un futuro integrato, non sostituito In conclusione, la proposta di Meta offre senza dubbio spunti interessanti per il futuro della pubblicità. L’IA può essere un alleato prezioso, un acceleratore di processo, uno strumento capace di potenziare il lavoro creativo umano. Ma pensare di sostituire agenzie, creativi, planner e strateghi con un modulo automatizzato è riduttivo e pericoloso.
L’efficienza non può essere l’unico parametro. La pubblicità è anche intuizione, sorpresa, empatia. E questi elementi, almeno per ora, non si generano con un prompt e un IBAN.